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x. il primo amore 45

     Amarissima allor la ricordanza
locómmisi nel petto, e mi serrava
ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
     E lunga doglia il sen mi ricercava,
65com’è quando a distesa Olimpo piove
malinconicamente e i campi lava.
     Ned io ti conoscea, garzon di nove
e nove soli, in questo a pianger nato,
quando facevi, Amor, le prime prove;
     70quando in ispregio ogni piacer, né grato
m’era degli astri il riso, o dell’aurora
queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
     Anche di gloria amor taceami allora
nel petto, cui scaldar tanto solea,
75ché di beltade amor vi fea dimora.
     Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
e quelli m’apparian vani, per cui
vano ogni altro desir creduto avea.
     Deh! come mai da me sí vario fui,
80e tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh, quanto, in veritá, vani siam nui!
     Solo il mio cor piaceami, e col mio core
in un perenne ragionar sepolto,
alla guardia seder del mio dolore.
     85E l’occhio, a terra chino o in sé raccolto,
di riscontrarsi fuggitivo e vago
né in leggiadro soffría né in turpe volto:
     ché la illibata, la candida imago
turbare egli temea pinta nel seno,
90come all’aure si turba onda di lago.
     E quel di non aver goduto appieno
pentimento, che l’anima ci grava,
e il piacer che passò cangia in veleno,
     per li fuggiti dí mi stimolava
95tuttora il sen: che la vergogna il duro
suo morso in questo cor giá non oprava.