o verginette, a voi 55chi de’ perigli è schivo, e quei che indegno
è della patria e che sue brame e suoi
volgari affetti in basso loco pose,
odio mova e disdegno;
se nel femmineo core 60d’uomini ardea, non di fanciulle, amore.
Madri d’imbelle prole
v’incresca esser nomate. I danni e il pianto
della virtude a tollerar s’avvezzi
la stirpe vostra, e quel che pregia e cole 65la vergognosa etá condanni e sprezzi;
cresca alla patria e gli alti gesti, e quanto
agli avi suoi deggia la terra impari.
Qual de’ vetusti eroi
tra le memorie e il grido 70crescean di Sparta i figli al greco nome;
finché la sposa giovanetta il fido
brando cingeva al caro lato, e poi
spandea le negre chiome
sul corpo esangue e nudo, 75quando e’ reddía nel conservato scudo.
Virginia, a te la molle
gota molcea con le celesti dita
beltade onnipossente, e degli altèri
disdegni tuoi si sconsolava il folle 80signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri
nella stagion ch’ai dolci sogni invita,
quando il rozzo paterno acciar ti ruppe
il bianchissimo petto,
e all’Erebo scendesti 85volonterosa. — A me disfiori e scioglia
vecchiezza i membri, o padre; a me s’appresti
— dicea — la tomba, anzi che l’empio letto