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appendice | 203 |
- Ivi, v. 10. . . . e a la fiorita
- (v. 30) margo adducea de’ fiumi1.
Se per gli esempi recati nel Vocabolario la voce «margo» non ha sortito altro genere che quello del maschio, non ti maravigliare ch’io te l’abbia infemminita. E non credere ch’a far questo ci sia bisognato qualche gran forza di stregheria, qualche fatatura, o un miracolo come quelli delle Trasformazioni d’Ovidio. Giá sai che da un pezzo addietro non è cosa piú giornaliera e che faccia meno maraviglia del veder la gente effeminata. Ma, lasciando questo, considera primieramente che la voce «margine», in quanto significa «estremitá», «orlo», «riva», ha l’uno e l’altro genere; e secondariamente che «margine» e «margo» non sono due parole, ma una medesima con due varie terminazioni, quella del caso ablativo singolare di «margo», voce latina, e questa del nominativo. Dunque, siccome dicendo, per esempio, «imago» invece d’«imagine», tu non fai mica una voce mascolina, ma femminina, perché «imagine» è sempre tale; parimente se dirai «margo» in iscambio, non di «margine», sostantivo mascolino, ma di quell’altro «margine» ch’è femminino, avrai «margo» non già maschio, non giá ermafrodito, ma tutto femmina bella e fatta in un momento, come la sposa di Pigmalione, che fino allo sposalizio era stata di genere neutro. O pure (volendo una trasmutazione piú naturale) come l’amico di Fiordispina; se non che questa similitudine cammina a rovescio del caso nostro in quanto ai generi.
- St. V, v. 2. ... le varie note
- (v. 78) dolor non finge2.
Cioè «non forma», «non foggia», secondo che suona il verbo «fingere», a considerarlo assolutamente. Non è roba di Crusca. Ma è farina del Rucellai3 giá citato più volte: «Indi potrai veder,