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vogliono che questo si possa fare. Nondimeno io lo trovo fatto dall’Alamanni nel secondo libro della Coltivazione. «Non quello orrendo tuon, che s’assomiglia Al fero fulminar di Giove in alto, Di quell’arme fatal che mostra aperto Quanto sia piú d’ogni altro il secol nostro Giá per mille cagion lá su nemico»1. Parla, come avrai capito, dell’arme da fuoco. E di nuovo nel quinto2: «La fatal bellezza Sopra l’onde a mirar Narcisso torna». Vero è che il poema della Coltivazione e l’altre opere scritte dall’Alamanni in Francia, come il Girone e l’Avarchide, sono macchiate di parecchi francesismi: e quel ch’è peggio, la detta Coltivazione ridonda maravigliosamente di rozzissime sregolatissime e assurdissime costruzioni e forme d’ogni genere: tanto ch’ella è forse la piú difficile e scabrosa poesia di quel secolo, non ostante la semplicitá dello stile, che per veritá non fu cercata dal buono Alamanni, anzi fuggita a piú potere, benché non gli riuscí di schivarla. Ma quelle medesime cagioni che da un lato produssero questi difetti (e che parimente generarono sui principi del Cinquecento l’imperfezione della lingua e dello stile italiano), dall’altro lato arricchirono straordinariamente il predetto poema di voci, metafore, locuzioni, che quanto hanno d’ardire, tanto sono espressive e belle; e quante potrebbero giovare, non solamente agli usi poetici, ma eziandio gran parte di loro alla prosa, tanto in ogni modo sono tutte sconosciutissime al piú degli scrittori presenti.


CANZONE SESTA


BRUTO MINORE.

pag. 28.


St, I, v. 1.      Poi che divelta, ne la tracia polve
giacque . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
prepara.

Acciò che questa mutazione di tempo non abbia a pregiudicare agli stomachi gentili de’ pedagoghi, la medicheremo con un

  1. V. 747.
  2. V. 933.