Voi spirerá l’altissimo subbietto,
ed acri punte premeravvi al seno.
Chi dirá l’onda e il turbo 55del furor vostro e dell’immenso affetto?
chi pingerá l’attonito sembiante?
chi degli occhi il baleno?
qual può voce mortal celeste cosa
agguagliar figurando? 60Lunge sia, lunge, alma profana. Oh quante
lacrime al nobil sasso Italia serba!
Come cadrá? come dal tempo rósa
fia vostra gloria o quando?
Voi, di che il nostro mal si disacerba, 65sempre vivete, o care arti divine,
conforto a nostra sventurata gente,
fra l’itale ruine
gl’itali pregi a celebrare intente.
Ecco, voglioso anch’io 70ad onorar nostra dolente madre
porto quel che mi lice,
e mesco all’opra vostra il canto mio,
sedendo u’ vostro ferro i marmi avviva.
O dell’etrusco metro inclito padre, 75se di cosa terrena,
se di costei, che tanto alto locasti
qualche novella ai vostri lidi arriva,
io so ben che per te gioia non senti,
che saldi men che cera e men ch’arena, 80verso la fama che di te lasciasti,
son bronzi e marmi; e dalle nostre menti
se mai cadesti ancor, s’unqua cadrai,
cresca, se crescer può, nostra sciaura,
e in sempiterni guai 85pianga tua stirpe a tutto il mondo oscura.