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158 | note |
Simonide in quella occorrenza fossero perdute, non ch’io presumessi di riparare a questo danno, ma come per ingannare il desiderio, procurai di rappresentarmi alla mente le disposizioni dell’animo del poeta in quel tempo, e con questo mezzo, salvo la disuguaglianza degli ingegni, tornare a fare il suo canto; del quale io porto questo parere, che o fosse maraviglioso, o la fama di Simonide fosse vana, e gli scritti perissero con poca ingiuria (Lettera a Vincenzo Monti, premessa alle edizioni di Roma e di Bologna).
III. v. 80. — Di questa fama divulgata anticamente, che in Ispagna e in Portogallo, quando il sole tramontava, si udisse di mezzo all’oceano uno stridore simile a quello che fanno i carboni accesi, o un ferro rovente quando è tuffato nell’acqua, vedi Cleomede, Circularis doctrina de sublimibus, l. ii, c. i, ed. Bake (Lugduni Batavorum, 1820), p. 109 seq.; Strabone, l. iii, ed. Amstelodami, 1707, p. 202 B; Giovenale, Satirae, xiv, v. 279; Stazio, Silvae, l. ii, Genethliacum Lucani, v. 24 seq.; ed Ausonio, Epistulae, xviii, v. 2. Floro, l. ii, c. 17, parlando delle cose fatte da Decimo Bruto in Portogallo: «Peragratoque victor Oceani litore, non prius signa convertit, quam cadentem in maria solem, obrutumque aquis ignem, non sine quodavi sacrilegii metu et horrore, deprehendit». Vedi ancora le note degli eruditi a Tacito, De Germania, c. 45.
III, v. 96. — Mentre la notizia della rotonditá della terra, ed altre simili appartenenti alla cosmografia, furono poco volgari, gli uomini, ricercando quello che si facesse il sole nel tempo della notte, o qual fosse lo stato suo, fecero intorno a questo parecchie belle immaginazioni: e se molti pensarono che la sera il sole si spegnesse, e che la mattina si raccendesse, altri immaginarono che dal tramonto si riposasse e dormisse fino al giorno. Stesicoro, apud Athenaeum, l. xi, c. 38 (ed. Schweighäuser, t. iv, p. 237); Antimaco, apud eundem, i, c. 238; Eschilo, l. c.; e più distintamente Mimnermo, poeta greco antichissimo, l. c., cap. 39, p. 239, dice che il sole, dopo calato si pone a giacere in un letto concavo, a uso di navicella, tutto d’oro, e cosí dormendo naviga per l’Oceano da ponente a levante. Pitea, marsigliese, allegato da Gemino, c. 5, in Petavio, Uranologia (ed. Amstelodami, p. 13), e da Cosma egiziano, Topographia Christiana, l. ii, ed. Montfaucon, p. 149, racconta di non so quali barbari che mostrarono ad esso Pitea il