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I, v. 74. — Il successo delle Termopile fu celebrato veramente da quello che in essa canzone s’introduce a poetare, cioè da Simonide; tenuto dall’antichità fra gli ottimi poeti lirici, vissuto, che piú rileva, ai medesimi tempi della scesa di Serse, e greco di patria. Questo suo fatto, lasciando l’epitaffio riportato da Cicerone e da altri, si dimostra da quello che scrive Diodoro nell’undecimo libro, dove recita anche certe parole di esso poeta in questo proposito, due o tre delle quali sono espresse nel quinto verso dell’ultima strofe. Rispetto dunque alle predette circostanze del tempo e della persona, e d’altra parte riguardando alle qualitá della materia per se medesima, io non credo che mai si trovasse argomento piú degno di poema lirico, né piú fortunato di questo che fu scelto, o piú veramente sortito, da Simonide. Perocché se l’impresa delle Termopile fa tanta forza a noi, che siamo stranieri verso quelli che l’operarono, e con tutto questo non possiamo tenere le lacrime a leggerla semplicemente come passasse, e ventitré secoli dopo ch’ella è seguita: abbiamo a far congettura di quello che la sua ricordanza dovesse potere in un greco, e poeta, e dei principali, avendo veduto il fatto, si può dire, cogli occhi propri, andando per le stesse cittá vincitrici di un esercito molto maggiore di quanti altri si ricorda la storia d’Europa, venendo a parte delle feste, delle maraviglie, del fervore di tutta un’eccellentissima nazione, fatta anche piú magnanima della sua natura dalla coscienza della gloria acquistata, e dall’emulazione di tanta virtú dimostrata pur dianzi dai suoi. Per queste considerazioni, riputando a molta disavventura che le cose scritte da