Per côr le gioie tue, dolce pensiero,
provar gli umani affanni, 90e sostener molt’anni
questa vita mortal, fu non indegno;
ed ancor tornerei,
cosí qual son de’ nostri mali esperto,
verso un tal segno a incominciare il corso: 95che tra le sabbie e tra il vipereo morso,
giammai finor sí stanco
per lo mortal deserto
non venni a te, che queste nostre pene
vincer non mi paresse un tanto bene.
100Che mondo mai, che nova
immensitá, che paradiso è quello
lá dove spesso il tuo stupendo incanto
parmi innalzar! dov’io,
sott’altra luce che l’usata errando, 105il mio terreno stato
e tutto quanto il ver pongo in obblio!
Tali son, credo, i sogni
degl’immortali. Ahi! finalmente un sogno
in molta parte onde si abbella il vero 110sei tu, dolce pensiero;
sogno e palese error. Ma di natura,
infra i leggiadri errori,
divina sei; perché sí viva e forte,
che incontro al ver tenacemente dura, 115e spesso al ver s’adegua,
né si dilegua, pria che in grembo a morte.
E tu per certo, o mio pensier, tu solo
vitale ai giorni miei,
cagion diletta d’infiniti affanni, 120meco sarai per morte a un tempo spento:
ch’a vivi segni dentro l’alma io sento