Sempre i codardi, e l’alme
ingenerose, abbiette 55ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno
subito i sensi miei;
move l’alma ogni esempio
dell’umana viltá subito a sdegno.
Di questa etá superba, 60che di vòte speranze si nutrica,
vaga di ciance, e di virtú nemica;
stolta, che l’util chiede,
e inutile la vita
quindi piú sempre divenir non vede; 65maggior mi sento. A scherno
ho gli umani giudizi; e il vario volgo
a’ bei pensieri infesto,
e degno tuo disprezzator, calpesto.
A quello onde tu movi, 70quale affetto non cede?
anzi qual altro affetto
se non quell’uno intra i mortali ha sede?
Avarizia, superbia, odio, disdegno,
studio d’onor, di regno, 75che sono altro che voglie
al paragon di lui? Solo un affetto
vive tra noi: quest’uno,
prepotente signore,
dieder l’eterne leggi all’uman core.
80Pregio non ha, non ha ragion la vita
se non per lui, per lui ch’all’uomo è tutto;
sola discolpa al fato,
che noi mortali in terra
pose a tanto patir senz’altro frutto; 85solo per cui talvolta,
non alla gente stolta, al cor non vile
la vita della morte è piú gentile.