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98 i. canti


     Che divenute son, fuor di te solo,
tutte l’opre terrene,
tutta intera la vita al guardo mio!
Che intollerabil noia
25gli ozi, i commerci usati,
e di vano piacer la vana spene,
allato a quella gioia,
gioia celeste che da te mi viene!

     Come da’ nudi sassi
30dello scabro Apennino
a un campo verde che lontan sorrida
volge gli occhi bramoso il pellegrino;
tal io dal secco ed aspro
mondano conversar vogliosamente,
35quasi in lieto giardino, a te ritorno,
e ristora i miei sensi il tuo soggiorno.

     Quasi incredibil parmi
che la vita infelice e il mondo sciocco
giá per gran tempo assai
40senza te sopportai;
quasi intender non posso
come d’altri desiri,
fuor ch’a te somiglianti, altri sospiri.

     Giammai d’allor che in pria
45questa vita che sia per prova intesi,
timor di morte non mi strinse il petto.
Oggi mi pare un gioco
quella che il mondo inetto,
talor lodando, ognora abborre e trema,
50necessitade estrema;
e se periglio appar, con un sorriso
le sue minacce a contemplar m’affiso.