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638 XXXIV LA GINESTRA Sovente in queste rive, Che, desolate, a brnno w Veste il flutto indurato, e par che ondegg Sejo la nolte; e su la mesta landa In purissimo azzurro Veggo dal!’ a!to Larnmeggiar le steLle, Cui di lontan fa specchio 65 Il mare, e tutto di scintille in giro Per te v&to seren brillare il mondo. E poi che gli occhi a quelle luci appunto, Ch’a br sembrano un punto, E sono immense, in guisa 70 Che un punto a petto a br son terra e mare Veracemente a cui L’uomo non pur, ma questo Globo ove l’uomo è nulla, Sconosciuto è del tutto e quando miro 75 Quegli ancor più senz’alcun fin remoti Nodi quasi di stelle Ch a noi palon qual nebbìa, a cu, non i uomo E non la terra so!, ma tutte in uno, Del numero innite e della mole, ‘€Q Cor l’aureo scie insiem, ie nostre stelle O sono ignote, o coìi paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole 85 Dcli’ uomo) E rimembrando Il tuo stato quaggiù. di cui fa segno Il suoI ch io premo; e poi dall’altra parte, Che te signora e fine Credi tu data al Tutto, e quante volte i Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro Grane1 di sabbia, il qua! di teTra ha nome.