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xxxiv. la ginestra 635

E procedere il chiami.
AI tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
60Di cui lor sorte rea padre ti fece
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra se. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra
65Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio.
Mostrato avrò quanto si possa aperto
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
70Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
75Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici lati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
80Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
85Che se schernendo o gli altri astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.

   Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama se nè stima
90Ricco d’or nè gagliardo,