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vii. inno ai patriarchi 287

   E tu dall’etra infesto e dal mugghiante
Su i nubiferi gioghi equoreo flutto
Scampi l'iniquo germe, o tu cui prima
60Dall’aer cieco e da natanti poggi
Segno arrecò d’instaurata spene
La candida colomba, e delle antiche
Nubi l’occicluo Sol naufrago uscendo,
L'atro polo di vaga iri dipinse.
65Riede alla terra, e il crudo affetto e gli empi
Studi rinnova e le seguaci ambasce
La riparata gente. Agi’ inaccessi
Regni del mar vendicatore illude
Profana destra, e la sciagura e il pianto
70A novi liti e nove stelle insegna.

    Or te, padre de’ pii, te giusto e forte,
E di tuo seme i generosi alunni
Medita il petto mio. Dirà siccome
Sedente, oscuro, in sul meriggio all’ombre
75Del riposato albergo, appo le molli
Rive del gregge tuo nutrici e sedi,
Te de’ celesti peregrini occulte
Beàr l’eteree menti; e quale, o figlio
Della saggia Rebecca, in su la sera.
80Presso al rustico pozzo e nella dolce
Di pastori e di lieti ozi frequente
Aranitica valle, amor ti punse
Della vezzosa Labanide invitto
Amor, ch’a lunghi esigli e lunghi affanni
85E di servaggio all’odiata soma
Volenteroso il prode animo addisse.

    Fu certo, fu (nè d’error vano e d’ombra
Laonio canto e della fama il grido