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XVI discorso proemiale

correzione delle ultime bozze pose tutta la sua buona volontà, mostrandosi talvolta perfino meticoloso, se anche alla buona volontà non corrispose pienamente effetto.1

Non altrettanto può dirsi circa il resto. Quanto alla fedeltà onde il R. riprodusse in generale la Starita e la Star. emend., dobbiamo distinguere i pochi casi, nei quali il R. deliberatamente se ne allontanò perchè credette ravvisare in essi sviste dello stessa A.2 e quindi ritenne doveroso correggerle;3 di che gli va data lode, quantunque non in tutti questi casi abbia avuto la mano felice, e qualcuno ne abbia lasciato passare che pur meritava esser sottoposto a critica disamina;4 dagli altri molti casi, nei quali o per poca avvedutezza nel con-



  1. Della buona volontà posta dal R. nel correger le bozze son testimonio non solo le lettere da lui scambiate col Le Monnier durante a stampa, ma anche parecchie bozze rimaste tra le napolit. e recanatesi. — L’opera si pubblicò in Firenze, annunziata anche da un manifesto murale, nel lunedì 10 marzo ’45, in 2 voll., col titolo: «Opere | di Giacomo Leopardi. | Ediz. accresciuta, ordinata e corretta, | secondo l’ultimo intendimento dell A., | da |Antonio Ranieri. | Firenze | Felice Le Monnier. | 1845.»
  2. Quantunque il L. fosse stato sempre così accurato e sofistico nel correggere le stampe delle cose sue, in modo particolare la Starita (nell’esemplare di questa corretto a penna segnò persino una u rotta!), pure non andò del tutto esente da sviste.
  3. I luoghi dove realmente sì possono ammettere coteste sviste dell’A. e che furono dal R. giustamente emendati sono: III, 3 «t’infonde Italo» emendato in «t’infonde, Italo»; XIII. 20 «non già, ch’io speri.» emend. in «non già ch’io speri,»; XV. 79: «concedi o cara» emend. «in concedi, o cara»; XVI. 56 «piaggie» giustamente corretto in «piagge»; XIX. 6: «lasciar» emend. in «lasciàr»; XXVI. 11 e XXXV. 1; «propio» emend. in «proprio»; XXXVIII, 11 «sommergermi o nembi,» emend. in «sommergermi, o nembi,».
  4. Vedasi in fatti: II, 190: «intorno:», invece di «intorno,». Il R. ha opinato essere occossa qui una svista del’A., e doversi correggere segnando dopo «intorno» due punti anzi che la virgola. E fece ciò non senza una plausibile ragione, e spinto anche dall’analogia di altri casi somiglianti, dove l’A. pose, specie nelle ult. edizz. i due punti. Se non che, pur riconoscendogli buone questo ragioni, noi, tenendo conto che e nell’autogr. recan. e nel napolit. si ha nettamente la virgola e non i due punti (anzi nell’autog. recanat. l’A. aveva prima segnato i due punti, e poi li cancellò sostituendo la virgola), e che in tutte le stampe curate dall’A. compresa le Starita e la Starita corretta a penna, si ha costantemente la virgola, riteniamo (d’accordo in ciò col Mestica) che non si possa ammettere in questo luogo una svista da emendarsi. — X. 35: «Che dicevi o mio cor,». Il R. che pure, come abbiamo notato più sopra, in III. 13, XXVIII. 11 e XV. 79 pose il vocativo fra due virgole, non ostante la lez. ult. dello Starita, appunto per uniformarsi all’uso definit. dell A., in questo caso non badò a metter la virgola innanzi all’«o». — XXXIV, 255 «Sull’» Anche qui il R. per analogia e conformità con tutti gli altri casi in cui occorre la prepos. «su» seguita dall’artic., nei quali l’A. costantemente e deliberatamente la segnò staccata dall’artic. stesso, avrebbe dovuto separarla. E nello stesso canto, v. 285, il R. ha «voti», non avendo badato che l’A.,