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discorso proemiale XV

correttezza tipografica, bontà di tipi e di carta, nitidezza d’impressione., l’ediz. del 45 riescì assai decorosa e lodevole; poichè, come risulta dal carteggio spesso vivace e irruente dal Ran. tenuto col Le Moinier nel corso della stampa,1 il R. vi prese parte attiva e calda, preoccupandosi del buon nome del grande Amico estinto,2 e nella

    occhi malati, il Le Monnier, che si era mostrato dispostissimo ad aggiunger l’Errata, ma che d’altra parte era sicuro di aver fedelmente eseguite tutte le correzz. segnate dal R. nelle ultime bozze, avendo premura di pubblicar l’opera, ci passò sopra. Ma poichè il R. molto si doleva dell’errore capitato a p. XXX («cose filosofiche» invece di «filologiche».), il Le M. lo contentò stampando un cartellino che fece attaccare a tutte le copie non ancora vendute; come lo contentò aggiungendo a mano gli accenti sfuggiti al R., nei duo τὀ d. epigr. de La gin.. Intanto però, con una mancanza di un vero e compiuto Errata, si perdette l’unico mezzo di purgare la stampa, almeno d’una parte de’ suoi errori. Di alcuni di questi si avvide subito il Giordani, che aveva avuto dal Le Monnier i fogli via via che si stampavano, e ne aveva fatto compilare una nota a L. Scarabelli; nota che poi con lett. dei 10 marzo ‘45 inviò al Le Monnier. Ma nei Canti furono notati salo due errori, dei quali il primo (p. 21 vs. 36: «colo» per «cole») non comparve nell’ediz. del ’45; il secondo (p. 25. vs. 3 «profondo» corretto in «profonda») è una non felice correz., del Giord. o dello Scarabelli. Nelle Prose ne furono segnati appena cinque, di cui uno non comparve e uno è dubbio. Purtroppo gli errori e sviste della 1ª ediz. (intendo sempre e soltanto d. genuina, poiché in una abilmente falsificata, che pure dovette aver largo smercio, ce ne sono di più e più massicci), solo in minima parte furono corretti nella 2ª del ‘49 e nella 3ª del ’51. Nella 4ª del 56, se in complesso si trovan corretti una dozzina di errori, specie dei primi canti, si notano, non sappiamo ad opera di chi, nuovi arbitrii (il chè caus. con l’acc., i segni d. dieresi, gli accenti circonflessi invece dei gravi ecc.) e alcuni nuovi errori abbastanza gravi (VI, 90 «Ritornerà» p. «Rintronerà»; XVII, 132 «Non t’amerà quant’io l’amai» p. «Non l’amerà quant’io l’amai»; XXIII. 67 «perir della terra» p. «perir dalla terra» ecc.); di guisa che essa ediz., invece di esser migliorata, si può dir peggiorata. E così, a un di presso, si conservarono tutte le altre success. edizz. e ristampe d. ranieriana alle quali si uniformarono perfino i compilatori degli Scr. v. ined., pubblicando in essi il testo di tre canti editi, oltre a lasciarvi anche qualche svista lor propria: e sì che ch’essi avevano i mezzi di dare, di detti canti, un testo criticamente vagliato!

  1. Cfr. F. P. Luiso, Ranieri e Leopardi (Storia di una edizione), Firenze, Sansoni, 1899; e v. anche N. Serban, Lettres inédites relatives à G. Leop., publiées avec introducion, notes et appendices, Paris, E. Champion, 1913. Le lett. pubblicate dal Serban son tratte da tre carteggi della Nazion. di Firenze, cioè quelli del Viesseux, del De Sinner e del Le Monnier. Di quest’ultimo il S. ha ripubblicate tutte le lett. del Ran., che aveva già pubblicate il Luiso, ma in modo più compiuto; più qualche altra.
  2. Senza dubbio la ferma intenzione del Ran. che il pensiero del L. non fosse menomato nè travisato dall’opera della Censura, è lodevole; e fa onore al R. essere riescito con la sua arte diplomatica, con le sue insistenze, con la sua intransigenza e anche con le sue minacce a far lasciare intatto il pensiero e sentimento del L., a cui certo non poterono nuocere le poche Avvertenze del canonico Barsi che fu d’uopo accettare nella 1ª ediz. ma che il Le Monnier coraggiosamente tolse via nelle successive.