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il richiede, al più alto segno io commendi gli eruditi spiriti e le anime soavemente gentili delle Italiane mie.
Videro appena l’onorata via di ogni bel sapere dischiusa, che per calcarla si affollarono ansiose, ed in numero prodigioso la scorsero felicemente sì, da giugnere in gran numero alle altissime conoscenze delle matematiche, delle legali, delle mediche, chirurghiche, anatomiche e filosofiche cose. Ampie materie si offrirono al raziocinio facile loro ed al cuore, e quindi venne che de’ domestici affetti e di mille oggetti alla società utili si occupassero scrivendo. Nè ciò distolse che al primo squillare di poetica ben accordata tuba non surgesse femmineo stuolo di rincorate anime eccelse, e la cetra accordando a nuovo concento mille mandassero voci lietissime di cara esultanza, dei doni a larga mano arricchite di Apollo e delle Camene. Quante non furono accese da quel sublime estro divino, che mente, anima e cuore trasportando quasi direi alle celesti sfere, forza accorda al labbro di prorompere in estemporaneo canto? Dono di ogni dono il maggiore, e solo concesso ai figli avventurosi di questa nostra beata terra: dono che per non essere ingratamente gittato vastissima erudizione richiede.
Ed era pure quel XVIII secolo nel quale,