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Gonzaghi in Mantova, in Guastalla, in Sabionetta, i Montefeltri in Urbino; e i Principi di Savoja, e i Cibo, e i Davalos, le corti de’ quali albergo divennero del sapere dei dotti.

Il Bembo quindi, il Sadoleto, il Baroaldo giovane, il Salviati, il Giovio, il Lampridio, il Porzio salirono in sommo onore alla corte di Leone X, non meno che il Molza, il Porrino, il Tolomei, il Vida ed altri a quella di Clemente VII. Ma niuna forse superò in isplendore di bel sapere, di dottrina e d’ingegno la Estense Corte, che sovra tutta l’Italia, sovra tutta l’Europa vividissimo lume diffuse: sacro e caro tributo d’ammirazione e d’amore che io rendo ai chiari spiriti, che figli furono della mia Ferrara! Che se un Tito Vespasiano Strozzi ed il figlio di lui Ercole, se un Lilio Gregorio Giraldi, se un Celio Calcagnini, se un Pistofilo, un Antonio Musa Brasavola, un Bonaccioli, un Guarini pur anche fossero mancati, bastava il nome solo di Lodovico Ariosto a renderla distintissima, e quello dell’infelice Torquato a segnarne la ricordanza 1.

Che se a sorprendente numero avvenne che giugnessero i dotti di quella età, la palma a loro non

  1. Non intendo d’involare alla città di Bergamo l’alto onore di avere data culla al Tasso; ma semplicemente di accennare il lungo soggiorno da Tasso fatto in Ferrara, e l’avervi scritto la maggior parte delle sue opere.