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scelta di poesie filosofiche | 77 |
madrigale 5
Se ’l fuoco fosse infinito, la terra
non vi saria, o cosa confine e strana.
Se Dio è infinito ben, non si può dire
che vi sia morte o male o stigia tana,
se non per pena a chi e per meglio s’erra.
Rispetto è, non essenza, il mal, se mire
dolce al capro, a noi amara la ginestra.
Se ta’ rispetti averan da finire,
il caos sol d’ogni gioia poi s’imbeve,
come ferro riceve
il fuoco, e ’l freddo neve.
E questo è bello alla virtú maestra,
com’è bel che ’l distingua la sua destra.
Che maraviglia s’alcuno s’ammazzi?
Lo guida il Fato con occulto incanto
per la gran vita, ove énno i mali e i pazzi
semitoni e metafore al suo canto.
Pruova che, sendo Dio bene infinito, non ci è male, né dentro né fuor di lui, né morte, né inferno, se non in quanto è buono esso inferno e morte per punire il male, e perché d’una cosa nasca un’altra. Poi mostra che ’l male è solo rispetto a chi è male, ma non a Dio, né al tutto. E che ad un altro è bene quel che a noi è male. Poi dice che, se mancheranno gli rispetti, mancherá il male, ed ogni cosa sará una, perché il non essere distingue le cose tra loro, che l’una non è l’altra. Dunque il caos è tutto gioia, non vi essendo contrarietá, ma unitá. E che a Dio, comunque sará, sia bello; e che la distinzione e ’l male sono come semitoni e metafore, belle nel poema, bench’in sé vizi, e però s’uccide alcuno per Fato a ben del tutto.