Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
314 | indice analitico dei nomi |
pre a disposizione del potere civile destinato nel convento di S. Domenico di Napoli (maggio 1626). Interviene il S. Uffizio con un ordine di arresto (giugno-luglio). Imbarcato col falso nome di Giovanni Pizzuto, vestito da prete, incatenato, è trasferito a Roma (7-8 luglio: a questo episodio della sua uscita dal Regno di Napoli allude il poeta rievocando la favola di Ulisse e Polifemo in Ecloga, vv. 101-2). Nelle carceri del S. Uffizio, a disposizione (1626-28). Acquista la benevolenza di Urbano ViII, alle cui poesie dedica un lungo commentario (1627-29), e che gli assegna il palazzo del S. Uffizio «loco carceris» (1628). Entra in rapporti con l’Ambasciata di Francia; frequenta la casa del Marescot, segretario dell’ambasciatore, marchese di Bethune, entra in intimitá con Gabriele Naudé (v. q. n.), a cui detta ipg|285}}). Conflitto giurisdizionale tra Spagna e Roma in seguito al processo per la congiura di fra Tommaso Pignatelli, di cui il governo di Napoli credette che avesse agito per istigazione del Campanella da Roma. Il viceré Monterey sollecita l’estradizione del Campanella (1633). In suo favore s’interessa l’ambasciatore di Francia, Noailles, e ne favorisce la fuga (21 ottobre 1634). Per Marsiglia e Lione a Parigi (1° dicembre). Protezione del Richelieu e della corte. Produzione scientifica varia. Attende alla stampa delle sue opere. Scrive la poesia per la nascita di Luigi XIV (dicembre 1638). Muore (21 maggio 1639) nel convento di S. Onorato, dei domenicani, dove aveva abitato, ed ivi seppellito. Al convento sono lasciati
i suoi mss., dispersi insieme con le ceneri stesse del Campanella intorno al 1793 (l’Amabile spiega: «Il convento con la chiesa dell’Annunziata di S. Onorato, detto de’ Giacobini, divenuto sede del club de’ famosi Giacobini ne’ tempi della grande e fiera rivoluzione di Francia, non esiste piú, e nel posto che esso occupava trovasi ora il mercato di S. Onorato ». Am. Cast., II, p. 151).
«Cantai l’altrui virtudi, or me ne pento». Allusione a Maurizio de Rinaldis (v. q. n.) (p. 228, n. 17).
Caracciolo (Annibaie). Mediocre poeta, del quale si trovano alcuni versi in appendice alle Poesie nomiche di G. B. Manso, Venezia 1635 (p. 111, n. 67).
Carafa (Fabrizio, principe di Roccella; nipote di Carlo Spinelli: v. q. n.) Prima amico del Campanella; quindi, dopo la dispersione dei congiurati, promosse la cattura di lui rifugiatosi nei suoi feudi nell’abitazione del Musuraca (v. q. n. e sotto Campanella), e fece denunzie false o esagerate ai suoi danni (p. 223, n. 7).
«Carlo», v. Spinelli.
Castiglia (don Francesco), oriundo spagnuolo, n. a Verona il 1560: «uno de’ tanti spagnuoli che facevano la loro carriera nelle province napoletane» (Am. T. C., II, p. 175). Governatore a Rossano (1594), ad Ostuni (1598) fu poco dopo carcerato in Lecce, per reati attinenti al suo ufficio, pare, e tradotto in Castel nuovo. Nel novembre 1600 depose come testimone a discarico del Campanella. Era uno degli entusiasti dell’epoca per il Tasso, e, poeta dilettante, ne seguiva i modi (pp. 256; 291).
Catarina, cioè S. Caterina da Siena (p. 138, madr. 8).
«Caucaso». Allusione alla prigio-