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di poesie, nelle quali generalmente il pessimo gusto signoreggia sovrano» (Am. T. C., II, p. 293).

Bisogna mettere in primo luogo le poesie scritte in nome di Francesco Gentile (insieme col sonetto a lui dedicato, a p. 233). Esse sono messe in questa edizione nel gruppo Rime amorose (p. 235 sgg.), e portano i nn. 2, 4, 5, 7, 8, 9, 13-21. Non è detto per altro che in questi fugaci amori parte reali parte letterari il poeta non abbia portato qualcosa di piú che la sua penna; sicché ad un certo momento il lavoro di attribuzione diventa complicato. Ma anche su questo argomento, per quanto lieve, l’Amabile ha fermato la sua attenzione cercando di districare la materia:

«Dalle poesie — egli dice — [F. Gentile] apparisce parente di una signora Giulia Gentile, alla quale il Campanella non manca di scrivere un sonetto e un madrigale; innamorato di una Flerida, alla quale il Campanella scrive poesie per conto di lui, e poi anche per conto proprio, e spesso e vivacemente; ad istanza di lui ancora il Campanella scrive il madrigale alla signora Maria... e crediamo che per conto egualmente di lui siano state composte molte poesie di amore anche lascivo, mentre alcune altre dello stesso genere appariscono pure indubitatamente scritte dall’autore per conto proprio». Infatti, dopo la rottura tra il Gentile e Flerida, «rottura completa e perfino villana», espressa nel Sonetto di sdegno e in Sdegno amoroso, una parte delle poesie è scritta dal poeta in nome proprio, «onde abbiamo almeno sei sonetti di relazioni amorose indubbiamente sue [cioè, in questa edizione, egualmente tra le Rime amorose, i nn. 1, 3, 6, 10, 11, 12]... Forse presso Flerida ed anche qualche altra fanciulla egli trovò distrazioni, come di sicuro ne trovò presso una Dianora, al cui indirizzo la raccolta ci offre un sonetto» (Am. T. C., II, p. 295; e i sonetti probabilmente sono due, cioè tanto il n. 3 quanto il n. 12 di questa edizione).

Chi fu Dianora? L’Amabile la riconosce in una «sore Dianora Barisciana di Barletta», di cui ha trovato notizia nei documenti su Castel nuovo, e che «potrebbe supporsi appartenente alla famiglia del ‘torriero’, come allora si diceva il guardiano della torre» (Am. T. C., loc. cit.).

Tra questi sei sonetti c’è quello di ringraziamento pel bagno ricevuto (vedi p. 240), e che per l’allusione al «corpo fracassato» si può con sicurezza dire che è dei giorni immediatamente posteriori alla tortura della «veglia», cioè dei primi di luglio del 1601.