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con diffidenza in un paese arso dalla guerra religiosa, come la Germania in quel tempo.
Il libretto circolò tra una ristretta cerchia di amici e letterati curiosi di cose nuove ed esotiche; poi presto disparve, come sepolto.
III
Ci passarono sopra quasi due secoli. Che il Campanella avesse scritto anche in versi si sapeva dalla testimonianza autobiografica del De libris propriis e dal catalogo metodico dei suoi scritti, che il Campanella fece seguire all’edizione parigina della Philosophia rationalis, primo volume delle progettate opere complete1; ma nessuno fino all’alba del secolo XIX ricercò quei versi. Dalla metà del Seicento, del resto, fino alla fine del Settecento era eclissata anche la fama del Campanella filosofo. Chi si sarebbe affannato a ricercare l’opera dispersa di uno scrittore, di cui pochissimi si curavano di conoscere l’opera ancora a portata di mano?
Ed infatti la resurrezione del Campanella poeta avvenne attraverso la rivalutazione del Campanella filosofo, ai primordi del movimento romantico tedesco. Giá veramente quell’ingegno universale che fu il Leibniz lo studiò, lo riconobbe tra gli spiriti piú eccelsi e istituí un parallelo con lo Hobbes a tutto vantaggio del filosofo calabrese:
«Che si è pensato di piú ingegnoso di quel che Descartes in fisica od Hobbes in morale? Paragonisi intanto quello con Bacone, questo con Campanella, e si vedrá quelli strisciare al suolo, questi innalzarsi e poggiare alle nuvole per l’altezza dei pensieri, dei consigli, dei disegni, quanto può esserne capace l’umana natura»2.
Che non è poco. Le fortune campanelliane si risollevavano, e si avvicinava il tempo che anche la sua poesia fosse tratta dall’oscuritá secolare e ottenesse il suo giusto riconoscimento. Sulla fine del Settecento lo Herder ebbe occasione di studiare l’opera poetica di Giov. Valentino Andreä, per preparare la pre-