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quelli. Messo in allarme da una erronea informazione di un suo diplomatico, il governo napoletano ordinò l’arresto di tutta la brigata. Il Pflug con una parte di essa tradotto in Castel nuovo ebbe cosí occasione d’incontrarsi e fare amicizia col Campanella. E questa, sebbene strettasi nel giro di meno di due mesi, non fu un’amicizia effimera, com’era avvenuto col Gentile, ma tenace e costantemente affettuosa, cementata da una benevolenza quasi paterna per una parte e per l’altra da un’ammirazione piú che rispettosa entusiastica. Piú di quattr’anni dopo questi vincoli comuni di affetto sono tutt’altro che allentati, e il Campanella, per esortare il giovane amico a spezzare un certo legame femminile poco degno di lui, gli scrive una delle piú vivaci e patetiche lettere che di lui ci siano rimaste, intramezzata di effusioni, ricordi e confidenze intime, e col tono di chi sente di poter ammonire l’amico col diritto di un secondo padre, che l’amico stesso gli aveva conferito nel chiamarlo maestro1.

Per comprendere meglio come potettero stabilirsi in cosí breve tempo rapporti cosí stretti e cosí duraturi, e come l’amicizia di questo giovane straniero sia stata tramite ad altre amicizie, bisogna ricordare che il Pflug, luterano, nel tempo che s’incontrò col Campanella cominciava ad essere vacillante nella sua fede. Era nel momento psicologico propizio per un’opera di conversione, e il Campanella vi si applicò con ardore fondendola col suo insegnamento filosofico. Liberato, il Pflug giunse a Roma pieno di spirito campanelliano, e senza dubbio anche in materia di fede i germi gettati dallo straordinario frate maturarono nel suo animo e contribuirono validamente nel determinarlo di convertirsi al cattolicismo. Questo cambiamento radicale della sua vita fu anche occasione di nuove conoscenze negli ambienti romani intorno al Vaticano, una delle quali fu di un altro neofita, e suo concittadino, giustamente pregiato per la sua dottrina ed abilitá dialettica e giustamente spregiato e guardato con diffidenza pel suo carattere.

Quel curioso e ambiguo tipo di filologo tedesco che fu lo Scioppio, diventato una lancia spezzata della pubblicistica della Controriforma dopo l’abiura del luteranesimo — ma conservando

  1. Am. T. C., II, pp. 346-48; Am. Cod., pp. 22-24. La lett. del C. al P., senza data, ma dell’autunno 1607, fu per la prima volta pubbl. integralmente nel med. Am. Cod., pp. 63-68; ripubbl. in T. C., Lettere, a cura di V. Spampanato, Bari, Laterza, 1927, pp. 117-23.