Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1938 – BEIC 1778417.djvu/254

248 poesie postume


21

Madrigale
[in risposta al precedente?]

Non fu pinsier villano,
che pose freno all’alto mio desire
e dubitò di vostra gentilezza,
dolce signor sovrano.
Né a cotanto voler mancò l’ardire;
ma per l’inusitata sua vaghezza,
furon miei spirti sparti
sino all’estreme parti;
e quanto piú raccôr io lor volevo,
tanto piú li perdevo.
Quando sentii dal cielo occulto canto:
— Non violar tu quest’albor sacrosanto. —
Io rispondevo in pianto.
Ei suggionse che ’l côrre d’un sol fiore
senz’altro frutto, fia mio eterno ardore.

22

Sonetto d’Orazio di G. a Don G. d’A.

— Gli occhi vostri... — diss’io; quivi perdei
la voce, ch’era a celebrarvi uscita,
quando bocca piú degna e piú gradita
replicò con stupor gli accenti miei.
Quasi volesse dir: — Sciocco, tu sei
bastante a rimirar luce infinita? —
Oltre passando poi, restò smarrita
l’anima in grembo a pinsier tristi e rei.
Allor, qual uom che teme ingiuria o danno,
nulla risposi; ond’or dubbie parole
mi dan continuo ed angoscioso affanno.
Ch’io volea dir: — Le luci ardenti e sole
di bei vostr’occhi, alma real, qui fanno
sereno giorno, or ch’è sparito il sole. —