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poesie postume | 247 |
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Sonetto alla signora Maria
[A istanza del medesimo]
D’amor ogetto e di bontá evidenza
beltá si dice, o bella ninfa mia:
bontá non c’è, se non ci è cortesia,
né amar si deve chi d’amor è senza.
Sei bella ed hai sovrana intelligenza
dell’amorosa legge; e perché pia
non mi ti mostri? T’appellan Maria,
nome di gran pietá: dov’è l’essenza?
Deh! non si dichi mai che ’l volto, il nome
belli ritenghi sol, l’alma, gli effetti
contrari essendo, ch’io creder nol voglio.
Se mi reputi indegno di te, come
pria mi degnasti? Dunque uopo è ch’aspetti
nova arte di pietate al mio cordoglio?
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Madrigale fatto ad istanza del signor Francesco Gentile
alla signora Maria
Tutta leggiadra e bella
sei, dolce anima mia,
piena di grazia e di beltá; ma ria,
se ben del ciel sei luminosa stella.
Ché, avendo il volto e ’l nome
di pietade e dolcezza,
se poscia il cuor dentro ritien fierezza,
ognor di biasmo ed onte carchi some.
Non stanno ben insieme
bellezza e crudeltade,
perché l’una ci toglie libertade,
e l’altra affatto nostra vita preme.
Sii dunque a me, cor mio,
d’amore e cortesia
verace albergo, se vera Maria;
ché mal senza di te viver posso io.