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scelta di poesie filosofiche 19


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Contra il proprio amore scoprimento stupendo

Credulo il proprio amor fe’ l’unm pensare
non aver gli elementi, né le stelle,
benché fusser di noi piú forti e belle,
senso ed amor, ma sol per noi girare.
Poi tutte genti barbare ed ignare,
fuor che la nostra, e Dio non mirar quelle.
Poi il restringemmo a que’ di nostre celle.
Sé solo alfin ognun venne ad amare.
E, per non travagliarsi, il saper schiva;
poi, visto il mondo a’ suo’ voti diverso,
nega la providenza o che Dio viva.
Qui stima senno l’astuzie; e perverso,
per dominar, fa nuovi dèi. Poi arriva
a predicarsi autor dell’universo.

Qui mostra il sonetto presente, che dal proprio amore è venuto che gli uomini hanno fatto onorare e stimarsi, come dèi, cioè Giove, Ercole; e che primamente ci fa pensare che ’l cielo e le stelle non hanno senso e che sono nostri servi; cosa riprovata da lui in libro De sensu rerum e in Metafisica. E che Dio disse a Moisé che son fatti in ministerio nostro, come quando nostri servi servono anche a’ nostri cavalli e cani, e però non sono inferiori ad essi. Dopo questo, fece che ogni nazione pensa che l’altre sien barbare e dannate all’inferno, e noi soli salvi; e non vede il cieco amore che Dio è Dio di tutti. E ’n ciò son condannati assai gli ebrei, che negan la salute a’ gentili, cosí detti quasi gentaglia e volgo. Poi ci fa pensare che soli noi monaci ci salviamo, ed ogni cittá tratta da barbara l’altre vicine; ed a torto ed a dritto cerca di dominarle. Da questo mancamento d’amor comune viene che niuno ama se non se stesso, e, per farsi troppe carezze, lascia la fatica dello studio nella vera sapienza; e, vedendo le cose, a rispetto suo, andare a caso, quia «ignorantia facit