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170 | scelta di poesie filosofiche |
Ma un solo è Dio, da cui sará finito
tanto scompiglio, e la ragion nascosa
aperta, onde peccò cotanta gente.
Dice in questo mirabile sonetto, che la costruzione del mondo e delle parti e l’uso loro mostrano che sia Fattor loro un infinito Senno ottimo. Ma poi gli abusi de’ bruti e nostri, ecc., mostrano ch’altro ci governi men savio principe. E questo lo dice dubitando. E poi argomenta che non può essere. E conchiude che questi mali sono per qualche disegno di Dio, e che saranno da quello tolti, e levato l’argomento, donde pecca Epicuro e tanti filosofi e nazioni intere.
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Della possanza de l’uomo
Gloria a Colui che ’l tutto sape e puote!
O arte mia, nipote — al Primo Senno,
fa’ qualche cenno — di su’ immagin bella,
ch’uomo s’appella.
5Uomo s’appella chi di fango nacque,
senza ingegno soggiacque, — inerme, ignudo:
patrigno crudo — a lui parve il Primo Ente,
d’altri parente 1.
D’altri parente, a’ cui nati die’ forza
15bastante, industria, scorza, — pelo e squame.
Vincon la fame, — han corso, artiglio e corno
contra ogni scorno.
Ma ad ogni scorno l’uomo cede e plora;
del suo saper vien l’ora — troppo tarda;
15ma sì gagliarda, — che dal basso mondo
par dio secondo 2.
E, dio secondo, miracol del primo,
egli comanda all’imo, — e ’n ciel sormonta
senz’ali, e conta — i suoi moti e misure
20e le nature 3.