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scelta di poesie filosofiche 153


del desiderio della vita e della gloria, che sono le due ultime tuniche, che lascia il filosofo, secondo Platone; e però chi di queste è spogliato, ogni travaglio piglia a bene, e la morte stessa. Onde in tal contentezza diventa beato, volendo e disvolendo con Dio ciò ch’adiviene.

Conchiude che il vero onor è dentro la coscienza, e chi si conosce buono e savio, non cerca l’onor d’altri, che dicano ch’egli è buono e savio, poich’esso lo sa, e Dio e gli angeli. Dunque, gli ambiziosi sono senza onor proprio sempre.

madrigale 2

Se fusse meglio a tutto l’universo,
alla gloria divina ed a me ancora,
ch’io di guai fosse fuora,
liberato m’avria l’Omnipotente;
ch’astuzia e forza contra lui non fôra.
Tiranno, incrudelisci ad ogni verso;
sbrani e mangi il perverso:
ché non è mal lá dove Dio consente.
Non doni legge al medico il languente.

Vero argomento che, se non viene cosa senza Dio, il carcere di esso autore sarebbe giá finito: perché contra Dio non può la violenza ed astuzia di quelli, che lo tenevano carcerato in una fossa, dove fece queste quattro canzoni. Però si risolve voler la morte, se a Dio piace. I guai sono medicina. E ch’egli, infermo, non deve dar legge a Dio, suo medico.

madrigale 3

Empio colui non sol, ma ancora stolto,
che, ’n croce giubilar Piero ed Andrea
veggendo, e che si bea
Attilio ne’ tormenti e Muzio e Polo,
non sa avanzar la setta epicurea,
che sol piacer ha del piacer raccolto;