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scelta di poesie filosofiche | 81 |
madrigale 9
Canzon, riconosciamo contro gli empi
l’Autor dell’universo, confessando
belle, buone e felici l’opre sue
tutte, in quanto ed a lui sono ed al tutto
parti, rispetti e frutto
sí giusto, ch’un sol atomo mutando,
giria in scompiglio. E sempre fia chi fue;
dal che farsi contento,
piú che non sa volere, ogn’ente io sento:
come tutti direm con stupor, quando
di Lete aperto fia il gran sacramento.
In questo stupendo commiato conchiude che non ci sia male né bruttezza, se non rispettiva tra l’una parte e l’altra, ma non al tutto, a cui, ecc. Dice pure che tanto bene è aggiustato l’universo, ch’un solo atomo mutandosi, tutto si scompiglierebbe, come un orologio. Questo vedi nella Metafisica. Poi dice: «Sempre fia quel che fue», con Salomone: «Quid est quod futurum est, visi quod factum est?». E che però ogni ente è immortale in qualche guisa, ché solo si muta, non s’annicchila. E che però gli enti sono piú contenti che non sanno volere, poiché in tante vite vivono per successione nel tutto una. E che, quando sará aperto il sacramento del fiume dell’obblio, detto Lete da’ poeti, tutti confesseremo questa veritá: ma, fra tanto che questo segreto è ascoso, ci par morire, perché nullo ente si ricorda quel che fue; e tutti, morendo, passano per Lete, cioè per obblio.
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Della nobiltá e suo’ segni veri e falsi
SONETTO
In noi dal senno e dal valor riceve
esser la nobiltade; e frutta e cresce
col ben oprare; e questo sol riesce
di lei testimon ver, com’esser deve.