Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1915 – BEIC 1777758.djvu/76

70 scelta di poesie filosofiche

si perdon anche, o perdon chi l’abusa,
quando il ben grande al piccolo è posposto.
Fra tutti beni le virtú dell’alma
ottengono la palma;
onde in corso ed in calma
regge gli altri, e di mal mai non si accusa.
D’esser virtute ogni potenza è esclusa
senza il senno, di lor guida e misura;
né il suo senno tien l’ente che ha l’idea,
specifica bontá, in piú o manco impura;
onde è a sé malo e strutto, e non si bea.

Propone che gli beni di fortuna spesso sono mali e struggono, invece di conservare; ma quegli del corpo sono migliori, ma pure sono soggetti all’abuso. Quegli dell’anima sono ottimi, ché reggon gli altri e non sono soggetti ad abuso. Poi dice che la virtú non solo è facoltá, ma senno insieme; ed altrove dice senno ed amore, perché far bene senza volerlo fare non è atto di virtú. Poi dice: quello ente, che ha la natura impura, piú o men della sua idea declinante, non ha il suo senno vero, e per sé è strutto ed inetto a conservarsi bene; il che chiama «bearsi». Ed altrove disse che col senso della legge si bea chi ha il suo impuro.

madrigale 7

Il ben, ch’all’altrui vivere s’applica,
in sé o ne’ discendenti, «utile» è detto
dall’uso; e dall’onore in fama, «onesto».
D’essi appresi esce l’allegria, il diletto,
il ricco danno, e dolce la fatica.
S’alcun atto è nocivo e disonesto
e par giocondo, avvien ch’ivi fu misto
piú ben con male; e quel nasconde questo.
Dunque ogn’onesto ed utile è gioioso
in che serba, e doglioso
in che strugge; e dir oso