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scelta di poesie filosofiche | 67 |
madrigale 3
Se, di vivere in scambio, alcun s’uccide,
se stesso o i figli o l’opre sue famose,
lo fa per migliorar di vita, essendo
il viver nostro e delle nostre cose
morir continovo, che mai non vide
senza mutarsi, o mancando o crescendo;
ed ogni mutamento è qualche morte,
uno stato acquistando, altro perdendo,
d’atto, o di quale, o di quanto, o di essenza.
E se con violenza
si fa, reca doglienza;
e gioia, fatto con natural sorte.
E l’esser sol presente è certo e piace;
e se repente forza il muta, duolsi,
sí che il morir comun manco gli spiace
che ’l proprio; ch’è ’l mutar, com’io raccolsi.
Risponde all’obbiezione, che si può fare contra la vita posta per Sommo Bene, poiché molti uccidono sé o i figli, come Catone e Bruto, o l’opere famose in chi s’immortalano, come Virgilio comandò che la sua Eneida fosse bruciata. Rispondendo, dice che la vita nostra sempre si muta. E ch’ogni mutamento è qualche morte o d’essenza, o di qualitá, o d’atto; e, se si fa con violenza, reca dolore; se con modo, allegria. E che par male il passato o il futuro essere, dove o quando ci abbiamo a mutare; ma il presente piace, perché è certo. E però par morte una mutanza grave; e si fugge piú che la morte, ch’è la mutanza a tutti comune. E nel seguente madrigale dichiara questo per esempi.
madrigale 4
La servitute all’animo gentile
morte propria è, che d’uom lo cangia in bruto,
e i suoi studi ed azioni in pecorine.