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scelta di poesie filosofiche 59


amplificano il sapere dire una cosa in piú modi, e perché manifestano con la similitudine la cosa ignota; la quale, in quanto saputa, è ben dell’intelletto, benché in sé ria. E quando non amplificano né dichiarano, sono brutti gli traslatati, come gli drappi di Gabrina vecchia dell’Ariosto, vestita di vesti belle; ed è come il papato in chi deve esser cuoco, dove fa bruttezza doppia: ché mostra mal governo e mal’elezione, e di due bande ignoranza, rovina, ecc.

madrigale 6

Or, se beltade è di bontá apparenza,
sará oggetto a quei sensi sol, che lungi
scorgono, come all’occhio ed all’udito,
cui la ragione e i sensi interni aggiungi.
Ma del gusto e del tatto alla potenza,
e d’ogni senso, in quanto è a tatto unito,
il bello è bene, e se, com’ella aspira,
Sofia s’accoppia al Senno suo marito.
Cosí beltá di ninfa al vago in atto
d’amor ristretta affatto,
di dí o di notte fatto,
passa in giocondo ben, donde ella aspira.
Bontá fruisce Amor, bellezza ammira.
Bell’è la melodia, ma, quando s’ode
dentro al mobile spirto, si fa dolce,
se quel moto amplia, ond’e’ vive e gode;
ma il strano offende, e lo sbatte, e non molce.

Dichiara che, sendo beltá un segnale del bene, non si può dire bella una cosa, se non rispetto a chi di lontano la sente per mezzo di quel segnale. Però all’udito ed alla vista, che di lungi sentono, il bello è oggetto; e cosí all’intelletto e sensi interiori, che di fuori hanno l’oggetto. Ma a’ sensi, che hanno l’oggetto a sé unito, il bello non è bello, né si dice «bello», ma «buono», «dilettevole». Questo si pruova per esempio di tanti che sentono gran diletto quando contemplano, e ’l Verbo divino si congiunge a lor Sofia,