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nota 301


mirasse a togliere a taluni di quei sonetti il valore che eventualmente potevano avere come documenti a carico del C. E alcuni certamente ve ne sono, che il C. non avrebbe mai riconosciuti per suoi, date le sue dottrine moralistiche dell’arte, quali sono predicate anche nella Scelta. Ma la dedica al Gentile, che gustava tutta quella poesia, è di assoluta attendibilitá. Ecco, d’altra parte, come nella deposizione pomeridiana di quello stesso giorno il Ponzio continua a parlare dell’origine dei sonetti da lui raccolti:

E dimandato alcuni sonetti che stanno scritti al libro n. septimo, che sono maledicenti, altri che trattano di cose oscene, e ci sono alcune cose scritte a donne amate che sapiunt idolatriam, da chi sono stati composti detti sonetti, respondit:

«Io un’altra volta me ricordo di avere deppsto che ad instanzia di Francesco Gentile aveva io radunato questi sonetti insiemi; de li quali parte me ne avea dato esso Gentile di mano sua, li quali non so l’autore; e alcuni altri me li ha dato il sig. Cesare Spinola, e particolarmente li sonetti che sono dedicati alla signora Maria e alla signora donna Anna, e uno a se stesso. E io ne ho avuto la maggior parte, che sono piú di venticinque: l’ho avuti da altri carcerati, li quali dicevano che erano stati composti da fra Tomaso Campanella; e che il Campanella l’avesse dati a Maurizio de Rinaldo, calandoli con uno filacciolo da la finestra del Torrione; e che, depoi la morte di Maurizio, l’avea dati alli altri carcerati uno Cesare forse, che avea servito detto Maurizio; e altri ne ho avuto da fra Giovati Battista de Pizzone»1.

Da questo codice, ho desunto pertanto come opera del C. tutte le poesie che erano state escluse dalla Scelta; per le quali non mi son contentato della diligente riproduzione dell’Amabile, ma mi son rifatto dal ms., solo arrecando al testo quelle lievi modificazioni ortografiche che mi sono state suggerite dallo stesso ms. In cui ho notato che la parola «ragione», scritta da prima con due «g», è stata in tre luoghi corretta; e così «bugiarde», che prima era scritto «buggiarde» e «Dionigi» (prima «Dioniggi») e «Phebo» (prima «Phebbo»). Onde mi son permesso di toglier la consonante doppia, dove piú correttamente si richiede la scempia. Cosi dialettalmente una volta era stato scritto «puoco», corretto poi in «poco». E questi dittonghi della pronunzia calabrese

  1. Op. cit., iii, 527.