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annotazioni | 285 |
scrivere pel nunzio, il quale avrebbe dovuto trasmetterlo a Clemente VIII.—Vv. 12-13. Questi profeti avevano insegnato al C. quella mutazione politica universale, che egli prediceva.
N. 22. — Cesare Spinola fu testimone a favore del C., contro la deposizione del Pizzoni. E rese la sua testimonianza il 15 nov. 1600. Per essa il C. lo ringrazia. Era un giovane genovese, stabilito a Napoli, benestante da potere spendere 100 scudi al mese: non si sa perché, imprigionato anche lui nel 1600, in Castelnuovo. Lo «stuolo traditoresco» è quello dei frati e degli altri complici, che deposero, come il Pizzoni, contro il C.
N. 23. — Nicola Bernardino Sanseverino, quinto e ultimo principe di Bisignano, uno dei piú ricchi e potenti feudatari del Regno di Napoli, per la sua vita sregolata, fu, d’ondine del viceré, carcerato nel 1590 «per emendazione di vita», e tenuto in prigione non meno di otto anni. Nel 1598 fu visitato in Castelnuovo dal C., che lo confortò coi soliti presagi di prossime mutazioni (Am., Cong., i, 96-101).
N. 24. — Il cavaliere T. Magnati era figlio primogenito della Ippolita Cavaniglia, alla quale sono indirizzate le tre poesie seguenti: era «continuo» del viceré, cioè apparteneva a una specie di guardia del corpo (Am., Cong., ii, 290).
N. 25. — Appartenente a una famiglia venuta da Valenza in Napoli con Alfonso d’Aragona (da cui don Garzia Cavaniglia fu fatto conte di Troia nel 1445); dal 1593 vedova di Fabio Magnati, dottore di leggi.
N. 27. — Francesco Gentile, patrizio genovese, dimorante a Napoli, testimone nel processo, per qualche tempo carcerato anch’egli in Castelnuovo, affezionatosi al C. e a Pietro Ponzio, che per lui raccolse nel codicetto, che ce le ha conservate, queste Postume.
N. 29. — Nulla si sa di questo «Aurelio», poeta.
Rime amorose. N. 2. — Per l’intelligenza di questo son. cfr. quello sui Tre nèi di Florida, a p. 245. Pei vv. 10 e 13 cfr. Genesi, 11, io: «Fluvius egrediebatur de loco voluptatis ad irrigandum paradisum».
N. 3. — Una suora Dianora o Eleonora Barisana di Barletta (m. nel 1620) era allora in Castelnuovo (secondo docc. in Amabile, Cong., ii, 295), e forse apparteneva alla famiglia del guardiano della torre. Può essere una stessa persona con quella donna che faceva all’amore col C. nel carcere e gli forniva libri e scritti mediante una «cordella», secondo la deposizione fatta prima di