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annotazioni 283


N. 12. — II Petrolo era stato esaminato una prima volta il 14 settembre nel processo di Squillace, e aveva fatto una gravissima deposizione contro il C., che «era mal cristiano e avea opinioni terribili, e tentava ribellione»: una deposizione, «la quale certamente conteneva un po’ piú di quello che egli poteva sapere» (Am.. Cong., i, 287; iii, 211, doc. 282). E ad essa allude il C. nel v. 5, «facendo ottimo viso a pessimo giuoco», fingendo cioè di credere che fosse stata «opra simolata», per giovare piú tardi al C. con la ritrattazione, che con questo son. sollecita (cfr. Am., op. cit., ii, 93). Il son. è anteriore perciò al 29 gennaio 1600, quando effettivamente il P. si ritrattò, ma per revocare piú tardi la ritrattazione, «aggravando fuor di misura la posizione del C.» (op. cit., 11, 54). — Nel v. 12 con «Cerberi e bilingui» si allude all’«empio mostro» Xarava.

N. 13. — In questo son. si può scorgere il senso di scoraggiamento e sconforto, che dovè assalire il C., quando, gettato per una settimana nella «fossa del coccodrillo» di Castelnuovo (nei primi giorni del febb. 1600), fu quindi sottoposto alla tortura e, vinto dallo strazio del «polledro», confessò. — V. 1. Anche suor Orsola Benincasa appartenne all’ordine domenicano. La gran reina è sant’Orsola, che, secondo la leggenda, avrebbe incontrata la morte con altre 11,000 vergini. — V. 6. Se n’era spogliato alla Roccella, dove fu catturato (cfr. sopra, al n. io). Nella lett. al papa, del sett. 1606, mentre ferveva la lotta con Venezia per l’interdetto, suggeriva: «Dunque tutte le persone sante d’ogni paese V. B. chiami a Roma; ché qua in Napoli ci è la beata Orsola; e quello, ch’a loro è inspirato, V. B. veda ed esequisca» ( Arch. stor. it., 1866, i, 29).

N. 14. — Giovan Battista de Leonardis da Nola, dal 20 genn. 1600 avvocato de’ poveri della Vicaria, e quindi assegnato, come ora si direbbe, d’ufficio a difendere il C. e gli altri frati inquisiti (su lui Am., Cong., ii, 74-75). Nelle prime settimane di marzo presentò la difesa pel C., che noi possediamo (o. c., iii, doc. 245, p. 144). — V. 6: «difensor commune» al C. e a’compagni.

N. 15. — Fra Pietro Presterá, concittadino e condiscepolo degli anni della fanciullezza, fu il piú fido amico del C., ed era il piú innocente di questi frati carcerati come suoi complici. Nel v. 5 si allude al canto del gallo del Vangelo. Questi sonn. pel Presterá e i seguenti pei Ponzio si possono collocare tra la seconda metá di febbraio e la prima di marzo. Il «Pietro mio», di cui parla il C. nel De sensu rer., ii, 20 e 220, e iii, 10, è il Presterá. «Chi piú