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N. 35, espos. — La Monarchia Messiae fu scritta dal C. nel 1605, trad. in lat. nel 1618: pubbl. a Iesi nel 1633.
N. 36. — Questa canzone è un rifacimento del sonetto «Grecia tre spanne di mar, che, di terra», che è tra le Postume del ms. Ponzio. Pel concetto è da confrontare con l’opuscolo De gentilismo non retinendo (rist. con l’Ath. tr. nel 1636) e con la lett. al Galilei del 13 gennaio 1611 (nelle Opere del Galilei, ed. naz., xi, 21-26).
Madr. 3, nota 3. — Per Catone cfr. Plinio, N. Hist., xxix, 7. Nella lett. al card. Farnese (30 agosto 1606) il C., tra gli altri servigi che promette di rendere se riacquisti la libertá, annovera anche questo: «Componer di nuovo tutte le scienze naturali e morali, cavandole dalla Bibbia e santi padri, per scioglier la gioventú dalla dottrina greca, zizzania del Vangelo e nutrimento dell’empietá di questo secolo, che fa svanir l’ingegni e oscurare, come predisse Catone. E avanzarò in quelle Aristotele e Platone di certezza, di veritá, di facilitá, di pietá e d’efficacia di prove, al senso esposte e confirmate dal divino lume». Lett. ined. di T. C. pubbl. da S. Centofanti, in Arch. stor. ital., s. 3a, t. iv (1866), parte 2a, p. 63.
Madr. 4, v. 8 — «Schiavone»: Aristotile. Le opere del Telesio furono proibite il 17 ottobre 1595: v. Reusch, Der Index d. verb. Bücher, Bonn, 1883-85, 1, 536. Intorno al valore di questa proibizione vedi Campanella, De gentilismo2, p. 48. Ma quanto peso avesse realmente quella condanna, anche in pregiudizio dello stesso Campanella, apparisce da una lettera, pochissimo nota, del card. Del Monte al granduca Ferdinando I, pubbl. da Cesare Guasti nel Giorn. stor. degli arch. tosc., iii, 1859, pp. 159-60.
V. 10. — Gli stilesi piú infierirono in accuse contro il povero Campanella nel processo innanzi al vescovo di Squillace negli ultimi mesi del 1599 e nei primi del 1600: v. Amabile, Congiura, i, 361-7.
Madr. 7, espos. — Per Platone, v. Timeo, p. 22 b; per Giovenale, Sat., x, 174-5.
N. 37. — Questo son. è giá nel ms. Ponzio, col titolo: Sul presente stato d’Italia. «In veritá noi lo crederemmo scritto piuttosto ne’ giorni de’ preparativi, in Calabria [1599]» (Amabile, Cong., 11, 90).
V. 1. — «La gran donna...» è l’«ingens Patriae trepidantis imago», ecc., che apparve a Cesare sul Rubicone, giusta Lucano, Phars., i, 185 sgg.