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annotazioni 261


e, a proposito della menzione che ne è fatta fin dalle prime pagine dell’Atheismus triumphatus, era nata anche in qualcuno de’ suoi contemporanei la curiositá di sapere chi fosse; e il Naudé, da Urbino, il 21 ag. 1632, ricordava al C. la lettera scrittagli dal comune amico La Motte le Vayer, «in qua se tibi plurimum commendabat et quaerebat quisnam fuerit legislator ille Cinghus...» (G. Naudaei, Epist., Genevae, mdclxvii, pp. 261-2). Bastava leggere lo stesso Atheismus per sapere della «lex Cinghi», ossia della religione dei tartari, che il C. giudica un’invenzione (poco differente dalla maomettana) di settari («ex modico, quod ad nostrani de illis pervenit notitiam»), poiché Cinghi «finxit se filium solis, et signa mirabilia fecit Tartaris. Transire visus est mare Caspium sicco pede, sicut Moyses Erithraeum; vere transivit cum fopulo suo legesque tulit hac ratione» (Ath. tr., ed. Parigi, 1636, pp. 130, 186). Cfr. Astrologic., ed. Lione, 1629, p. 73; Amabile, Cod. delle lett., p. 64.

V. 85. — Allusione alla corruzione della vecchia religione giapponese di Amida, intorno alla quale il C. attingeva notizie dalle lettere e storie dei gesuiti missionari di Oriente. Dei quali, nell’Historiographia (in fine alla Poetica, in Philos. ration., pars iv, Parisiis, Du Bray, 1638, p. 238), dice, a proposito dei desiderati della storia al suo tempo, che converrebbe raccogliere e coordinare le narrazioni. Cfr. anche Polit., viii, 14, in Real. philos. epilogist., ed. 1623, p. 390; c. x, 15, nell’ed. 1637, p. 132; Aforismi polit., in Opere, ed. D’Ancona, ii, 26. Sui semidei giapponesi Camis e Fotoques v. la lett. del 1 nov. 1557 del p. Gaspare Vilela in Epist. libri IV var., annessi all’Hist. rer. a S. I. in Oriente gestarum di E. Acosta, Parigi, 1572; G. P. Maffei, Hist. Indic., lib. xii, Bergamo, 1590, p. 331; N. Orlandini, Hist. Soc. Iesu, Roma, 1615, p. 302; D. Bartoli, L’Asianota, Roma, 1667, i, 131-133.

La citazione di san Tommaso a p. 13 è da correggere, riferendosi alla S. theol., ii, 2a, q. 95, a. 4.

N. 5. — Cfr. n. 83; Ath. tr.nota, p. 58 sgg.; De sensu rerum, ii, 25 e Metaph., lib. xiv, c. 2, a. 1; dove l’insaziabile brama di sapere dell’anima è arrecata come uno dei principali argomenti della sua immortalitá. E l’astronomia (Aristarco, Metrodoro) è menzionata come quella che «maxime hominis divinitatem declarat», come si dice nella Metaphysica ( 1 . c.). Pei vv. 12-13, cfr. Metaph., prooem., p. 5.

N. 6. — Il concetto che il mondo sia libro di Dio ricorre frequentissimamente nel C., che era ben lontano per altro dal vantarlo