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256 | poesie postume |
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In lode di don Francesco di Castiglia
L’arbor vittorioso di Castiglia,
ch’Italia e Spagna e un nuovo mondo adombra,
nel cui tronco innestato piú grand’ombra
spanda l’austriaca imperial famiglia,
n’ha dato un germe, che tutto assomiglia
al suo lignagio, fuor che non ingombra
paesi e regni, anzi egli da sé sgombra
cure sì grevi e al vero ben s’appiglia.
Don Francesco è costui, che, sconosciuto
su l’Adige e ’l Sebeto, va cantando
or donne sante, or suoi cocenti amori,
or l’Antiochia vinta, in stil piú arguto,
or false corti ed ingrate abiurando.
Chi fiano i frutti suoi? Questi son fiori.
3
Sonetto fatto al signor Petrillo
Bellissimo fanciullo oggi è comparso,
qual luce all’oscurissima mia vita,
temperando la mia doglia infinita
in sue domande onestamente scarso.
Ché, veggendo il mio senno vano e sparso,
ch’a nuovo carme inabile s’addita,
il vecchio canto a ripigliar m’invita:
proposta veramente d’Anacarso.
Glorioso garzon, che il cor mi pungi,
di castissimo amor usando l’arco,
e nuovo senno al mio perduto aggiungi,
carme ti rendo, d’ogni gusto parco,
ch’esce da bocca di dolcezza lungi, •
ch’agli ultimi sospiri è fatta varco.