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150 | scelta di poesie filosofiche |
Risponde l’anima al corpo, consolandolo che, se gli dispiace tanto il morire e scompagnarsi di lei, pur altre volte fu morto e trasmutato: quando si fece di terra erba, e d’erba cibo, e poi carne degli membri umani; ed in tutte queste trasmutazioni ha sentito dolore: perché ogni cosa sente. E, se di tal dolore s’è scordato, gli dice che pure si scorderá di questo, ch’averá della separazione sua. E che, fattosi terra, goderá poi d’esser terra, come ogni ente del suo essere. Poi lo consola che sará riunito nel fine del mondo, poiché ogni cosa desidera il suo tutto, e l’uomo tutto è in anima e corpo; onde si pruova la resurrezione.
madrigale 3
S’or debbo a ciò che fosti e sarai mio,
porterò un monte: ma, l’Arte soprana
quando ti trasumana,
staremo insieme: né pensar ch’io tema
disfarmi in nulla, o in cosa da me strana.
L’animal spirto, in cui involto sono io,
prende inganno ed obblio,
ed io per lui: quando egli cresce e scema,
patisco anch’io, ma non mutanza estrema.
In questo madrigale segue a rispondere che l’alma non è obbligata al corpo, perché, se quanto fu e sará suo corpo deve ella prezzare, sarebbe bisogno portare un monte grandissimo; perché, mangiando, nuove particelle si aggregano al corpo, ed altre esalano. Talché ella non può tutto quello, che fu suo, seco avere, ma quanto l’Arte divina risusciterá: vide divum Thomam, in tertia parte [S. th., Suppl., q. 81]. Poi risponde all’argomento fatto contra la sua immortalitá, dicendo che le passioni predette sono, nello spirito, corporeo veicolo della mente da Dio infusa, e non nella mente, se bene essa ne partecipa da lui, ecc.