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scelta di poesie filosofiche | 101 |
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Sonetto terzo
Se fu nel mondo l’aurea etá felice,
ben essere potrá piú ch’una volta,
ché si ravviva ogni cosa sepolta,
tornando ’l giro ov’ebbe la radice.
Ma la volpe col lupo e la cornice
negano questo con perfidia molta.
Ma Dio che regge, e ’l ciel che si trasvolta,
la profezia e ’l comun desir lo dice.
Se, infatti, di «mio» e «tuo» sia il mondo privo
nell’util, nel giocondo e nell’onesto,
cangiarsi in paradiso il veggo e scrivo,
e ’l cieco amor in occhiuto e modesto,
l’astuzia ed ignoranza in saper vivo,
e ’n fratellanza l’imperio funesto.
Volpe è l’ipocrita, lupo il tiranno e cornice il sofista, ecc. Che dopo la caduta dell’Anticristo sará in terra il secol d’oro, preludio del celeste regno; e vien provato ne’ Profetali da molti santi; e perché non piace a chi gode di questo secolo tenebroso presente.
Nota con san Crisostomo e Platone che tutti mali pendono dal «mio» e «tuo»; e che come si viverá in comune si prova ne’ Profetali; e v’è l’idea nella Città del sole, fatta dall’autore.
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Invitato a scriver comedie
rispose con questo sonetto pur profetico
Non piaccia a Dio che di comedie vane
siam vaghi noi, ne’ tragici lamenti
studiosi, e nelle scuole di tormenti,
del fine instante delle cose umane.