Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/61


lettere 55

̔doti e «me tradiderunt in manus tribulantium et in animam inimicorum meorum», — questo, dico, mosso da spirito di sapienza e discrezione, leggendo le cose mie non volgari, e forse in spirito scritte piú che in lettera, — «et vult alligare vulnera mea». O beato Padre, ascolti Vostra Beatitudine questo meschino, se non ho parlato mai con giudei né con turchi né con eretici che non l’avessi fatti o cristiani o mutar quella ostinazione, e poi operò Dio, — e li posso dar lista di piú che cento convertiti, e son nato a questo; — e che giova ammazzarmi se posso far bene e non son tutto inutile e fracido membro?

Platone, non che san Tomaso, conobbe che non deve morire nella republica che può giuare; ed io che mal ho fatto? Se non che le parole altrui m’affliggono, «qui exierunt ex nobis, sed non erant ex nobis»; ma dico: «erunt in eodem lecto, unus assumetur, alias relinquetur». Nullo di miei parenti né di suoi fûro turchi né fuggîro, se non «filius perditionis»: ed io sto, come Ieremia, «profugus ad chaldaeos etc.». Di piú, io non trovarò mai settario al mondo che non lo convinca della sua falsa fede, e subito lo riduco alla legge naturale della prima Ragione; e fatto questo, disputo sopra li precetti di Cristo morali e ceremoniali, e monstro con viva magia divina che sono secondo la legge della natura, e scopro Cristo per prima Ragione governatrice amorosa, che per ragion di providenza e d’amore che ne porta, si dovea incarnare e farsi a noi accessibile, com’era inaccessibile prima, e darci legge certa di vivere o morir bene. E come ho convinto me, convinco gli altri: e questi ultimi segni son per far toccare con mani la ruina dell’epicureismo e peripateticismo che regna ed eterna il mondo; e pur non sono inteso.

Questo è ben peccato mio, ma può esser anche del commune: dopo che san Geronimo e san Gregorio si scaldaro contra i vizii del clero, venne il flagello di Macone, la cui legge consiste in favole e sporchezze, né può uomo sentirla senza ridere; e pur questo è giudicio di Dio che sia creduto non sapienza sua: «tradidit nos Deus in ignominiam et illos in reprobum sensum». Dopo si scaldò Beda e san Bernardo, non