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52 | t. campanella |
Ed io veggo li segni «in sole et luna et stellis», che san Gregorio scrisse che solamente mancavano per vedersi l’ultimi accidenti della morte del mondo. Ma noi stiamo «sicut in diebus Noe comedentes et bibentes»; e perché di queste cose parlai, fui tenuto per ribello, riprendendo li scommunicati officiali li quali, sendo tutti quasi macchiavellisti, si pensano che la religione sia arte di stato e che ogni predicante e profeta cerca regni e stati umani: però dall’animo loro han misurato il mio, e volesse Dio che non misurassero con la medesima misura il vostro, anzi dell’apostoli stessi. Ed in vero fummo forzati a mostrarci eretici per non parere di essere mandati da prelati a ribellare, come diceano l’officiali scommunicati: e perché si gridò in Seminara dalli clerici che ruppero li carceri secolari per liberar un clerico: Viva il papa!; e fra Dionisio diavolo per uccidere quelli ch’aveano ucciso suo zio, concitava gente d’uscir in campagna, ed allegava li pronostichi miei delli terremoti che poi si videro in Calabria, — ed ognuno mi dava gran credito, — e della ruina della provinzia che predissi e fu così.
Per tanto, santissimo Padre, — sendo stato io otto anni in una fossa dove non vedo cielo né luce mai, sempre inferrato, con mal mangiare e peggio dormire, e con dolori di testa che casco spesso morto, e d’orecchie e di petto, oltre li tormenti asprissimi di corda e dui poliedri, e quaranta ore di vegghia con funicelli sin all’ossa e sedendo sopra un acutissimo legno chi mi secâro piú [che] due libre di carne, e piú che vinti di sangue in diverse volte m’uscîro, e sanai miracolosamente, e con tanta pazienza e miseria Dio mi tenne vivo, e per pazzia dove non giovò la sapienza, e con speranze divine mancando tutte l’umane, — devo oggi dopo tanta penitenza esser ascoltato dalla benignissima madre santa Chiesa e da Vostra Beatitudine.
Ci sono li canoni, De sententia et re indicata in Clementinis canon pastoralis, dove in tanta causa di ribellione dice che quanto è piú grave piú difensioni si devono dare e fuor delle mani della parte; e l’istoria di Tieberga nel decreto e di Caterina