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ed in colera, però scusi lo scrivere intricato». Per quanto originali ed efficaci, esse risentono de’ tempi e delle occasioni che le ispirarono: degli anni paurosi della prigionia napolitana, quando tra privazioni e tormenti per cui credeva morire, egli, spiato, furtivamente sfogava la piena del suo dolore e del suo sdegno o buttava giú suppliche ad amici e patroni su d’un foglio procuratosi a stento; oppure degli ultimi suoi anni, quando, se non domo, stanco di patimenti e di vecchiezza, era costretto quotidianamente a battagliare contro avversari vecchi e nuovi che non mostravano alcuna intenzione di smetterla, mentre lui era intento ad un lavoro immane, la preparazione de’ dieci tomi, usciti alla vigilia della sua fine, Instauratarum scientiarum, iuxta propria principia, ex natura et Scriptum, Dei codicibus.

Il Centofanti prometteva (p. 16) di «stampare, come sono scritte», le lettere; io sarò pago se avrò saputo donare un testo che non solo concilii i doveri di fedeltá con gl’imprescindibili criteri della Collezione, ma che sia anche, come occorre, sopra a tutto corretto. Ho avuto a lungo per le mani i codici napolitani ed alcune fotografie degli originali che stanno a Roma, e le vecchie stampe; quando si è rifiutato alle nostre biblioteche ed archivi il prestito de’ manoscritti che sono con giustificata gelosia custoditi da’ loro possessori, non mi sono per lo piú dilungato dall’Amabile che, per il vivo, vivissimo impegno posto in ogni cosa che riguardasse il suo autore, di gran lunga supera, giova ripeterlo, gli altri editori, fin quelli assai piú vicini a noi, non escluso il Favaro che non rifugge dal ripristinare la lezione alberiana, quantunque la si potesse facilmente verificare corretta nelle note a’ gruppi di documenti F ed L del v. II del Fra Tommaso Campanella ne’ castelli (pp. 65-7, 163-7); ed in fine, per le lettere non raccolte dall’Amabile, ho emendato i mille luoghi che a lui risultarono scorretti, in modo da mutare profondamente le lezioni di cui spesso si durava fatica a cogliere il senso. In ogni modo, la mia è una raccolta molto piú ricca delle anteriori; perché, lasciando stare le tre inedite, la XLVI, L e LVI — della cui trascrizione sono in obbligo a Fortunato Pintor, — essa contiene altre centodiciotto lettere che, pur essendo giá note, si trovano nondimeno disperse, ora si è visto, in non so quanti libri, opuscoli, numeri di riviste, a volte irreperibili tra noi, come il Th. Campanella und Ferdinand II, come le Mittheilungen aus der Stadtbibliothek zu Hamburg, donate alla Corsiniana per la presentazione che il 1885