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nota 425

risposte che l’Adami intendeva di dare, e poi non diede, alle stampe; non si è scoperto in Augusta, in Monaco, in Erlangen, in Dresda cosa de’ Kugger che c’interessi; non si è trovata la raccolta completa de’ carteggi de’ Noailles a Parigi, dove non si trovano neppure le lettere che all’amico il Naudé, tra l’aprile del 1631 ed il giugno del 1632, «faisoit escrire en [sa] presence ou a [monsieur de Peiresc] ou a monsieur Diodati ou a d’autres de ses amis et mesme au Cardinal de Richelieu, l’excitant tousjours d’en faire quelq’une, quoyque bien souvant sans necessité et ce seulement pour le faire travailler et tirer ses conceptions sur le papier»1; ed a Roma tra le carte del Fabri, riunite in dieci grossi volumi, non è rimasta la minima traccia né delle lettere che il Campanella gli diresse, né delle copie di quelle che per mezzo di lui mandò ad amici comuni2o dal Fabri, che non esitò a distruggere le testimonianze che giudicò compromettenti, allorché dallo Sdoppio venne informato che il Santo Uffizio ed i gesuiti vedevano di mal occhio i tentativi di strappare il filosofo di mano agli spagnuoli. Né qui va taciuto che non di rado è il Campanella a ragguagliarci, ora per incidenza ora espressamente, di lettere che sono state ricercate senza frutto. Per esempio, non tanto nel Syntagma (p. 182) cita opuscoli epistolari — «remedium contro, luem veneream; et aliud ad extraendum hydrargyrium visceribus et ossibus unctorum intrusum per cucurbitulas aureas, de quibus in Medicina; item contro frigus inalpinum ecc.», — quanto nel nostro volume, il 30 agosto 1606, egli dice al cardinale Farnese: «scrivo a nostro signore papa ed al Cardinal d’Ascoli»; il 1° giugno e l’8 luglio 1607, allo Scioppio: «quae petisti contro frigus remedia, misi od te» e «iam [quaesitum] de vitando frigore accepisti»; nella primavera del 1608, al Fabri: «mi stupisco che non risponde il Persio a due mie, inviata per Vostra Signoria l’una e l’altra portata»; il 7 novembre 1609, anche allo Scioppio: «sed non video te meis qnidquam rescribere, et quidem multis»; l’8 marzo 1614, a Galileo: «assai mi duole, come li scrissi questa está passata»; il 10 agosto 1624, al cavalier Del Pozzo: «dispiacemi ch’io li [ad

  1. Amabile, Op. c v. II, Docc., p. 265, I. del Naudé al Di Peiresc del 28 settembre 1635. E qualche pagina appresso (267), lo stesso Gabriele Naudé: «Gaffarel m’envoya une lettre du pére [Campanella] adressée a lui».
  2. Ivi, v. I, pp. xix-xx, xxvi-xxviii.