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cose, le Poesie ed in ultimo, con molta probabilitá, un epistolario:

«fortassis et addavi volumen literarum quas ultra ducentas habeo amoebaeas philosophicas, quibus de variis rebus et omni quasi disputabili philosophatum est inter nos invicem». Numero senza dubbio non piccolo, tanto piú se, come opportunamente avverte l’Amabile1, la maggior parte di esse vanno riferite a soli otto o dieci mesi del 1613, cioè al tempo del soggiorno dell’Adami a Napoli; perché dopo non è ammissibile che il filosofo dal carcere avesse agevolezza di corrispondere con chi trascorse quasi l’intero triennio seguente in peregrinazioni attraverso paesi lontani in cui nulla piú aveva saputo del suo diletto Squilla. Del quale molte lettere avevano giá ricevute altri tedeschi che si erano adoperati per ottenergli la libertá — lo Scioppio, il medico Fabri ed i Fugger, — non potendosi non prestar fede a ciò che nel Syntagma de libris propriis et recta ratione studendi rammentò l’autore medesimo: «multas praeterea scripsi epistolas Scioppio et dominis Fuccaris meam libertatem negotiantibus, respondentes quaestiotiibus variis» 2.

Ora se, nel periodo peggiore della sua vita, — «vermis sepultus, traditus in anims inimicorum... sub impio Ionatha, sicuti Ieremias, in lacu inferiori, in tenebris et umbra mortis, vinctus in mendicitate et ferro..., cuius os insania obstruit et leopardi armati centum excubantes timorem adiciunt»3, — riuscí a comunicare cosí largamente co’ propri difensori ed ammiratori, senza paragone assai piú dovè scrivere appena fu liberato in parte e poi in tutto, avendo fino all’estremo conservato integra la ferrea tempra di lottatore ed essendo stato avversato con accanimento sempre maggiore da vecchi e nuovi nemici. Se non che, non si possiede tutto; né v’è quasi da sperare che col tempo e fortuitamente possa rinvenirsi gran che di quanto non è ancora venuto fuori nelle esplorazioni dirette ed indirette, cominciate dalla prima metá del secolo decimottavo, in biblioteche ed archivi pubblici e privati, italiani e stranieri. Non si conosce pertanto la sorte delle proposte e delle

  1. Fra Tommaso Campanella ne’ castelli di Napoli, in Roma e Parigi, Napoli, A. Morano, 1887, v. I, p. 155.
  2. In De philologia tractatus quos Thomas Crenius colligit, Lugduni, Ex officina Davidis Severini, 1696, p. 182. — Del Syntagma è in corso di stampa una ricca ed elegante edizione critica che io mi auguro sia quella desiderata dagli studiosi del Campanella.
  3. L. XI, p. 59, di questa edizione.