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34 t. campanella

al cane, che diventa lupo. Se ben Dio lo permesse: ché gran causa fu egli di quelli romori, perché volea uscir in campagna ad uccider un frate che fe’ ammazzar suo zio; e riferia quelle profezie mie a questo fine variamente. Ma come si difende san Gioanni, mi difendo io: «non erant ex nobis si exierunt ex nobis, nam permansissent nobiscum»; e Cristo signor nostro: «erunt duo in eodem lecto, unus assumetur, alius relinquetur».

Ed è tanto chiara l’innocenza, che non si fidano venir alla luce del tribunal ecclesiastico a contender meco; ma sotto le fosse, che non possa parlare né scrivere, né dir cosa se non quel, come, quando ed a chi essi vogliono; e li giudici passati servîro pro forma — nella causa di me solo, dico, — e li presenti per ombra. E perché sappia che non cercano il ben del re, ma coprir l’inganno — e così ingannano il viceré, — li mando quest’utilissime promesse ch’ho fatto al re ed alla santa chiesa: e mirabilissime, nelle quali non mi voglion sentire, perché la prova non li condanni di calunniatori. E di piú il Signore m’ha fatto grazia di molte revelazioni e di miracoli per beneficio della chiesa e dell’imminente roina, e li mandai a Roma; e non son inteso. Io dico che son savi a non credermi, ma imprudenti e maligni a non voler veder la prova. Però supplico m’aiuti con Sua Santitá ch’io venga in Roma; e se mento, ci è fuoco per me, e mi pôn rendere anche a gli avversarii poi e saziarli: e con tal condizione Vostra Signoria illustrissima mi può favorire col re e con Sua Beatitudine, giá che si tratta il ben della cristianitá.

E le roine ch’io nelle stelle antevidi, ora l’ho per revelazione di miglior maniera; e ’l tempo li scopre dopo la congiunzion magna del 1603 e sequenti eclissi e mutazion d’apogei, eccentricitati, obliquitá d’equinozii e solstizi, e confusion di figure celesti e calata del sole verso terra, antevista da san Gregorio e da me predicata contra li filosofi ed astronomi che rendeno cause per cause ed occultano il Vangelio. «Virtutes coelorum movebuntur», perché ci sopravenga il Signor come ladro di notte a noi ancora «qui non sumus noctis neque tenebrarum». E giá si vede che Roma, per la zizania delle scienze umane