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lettere 385

patriarca dipendente dal suo re. Al che tutti principi converrebbeno; perché cosí crescono di ricchezza e di potestá e di abilitá ad ascender all’imperio, e di non esser travagliati con guerra da catolici ed averli in favor contra infideli. E non s’avverteno che questa è la rovina e della fede e dei principati loro, come ho provato li dí passati stampando un libro De regno Dei correspondente a quel libro stampato in Iesi De monarchia Messiae; ché la persecuzion m’ha inchiodato che non posso cambiare, e mi tiene ancora il libro oppresso del Reminiscentur in man del padre Mostro — del quale ho parlato con Vostra Signoria illustrissima piú volte, ed ella sa quanto saria utile alla conversione. Di tutte queste cose potrá dar a Vostra Signoria ragguaglio il signor Favilla.

Finisco scongiurandola ed osservando per l’amor di Dio che mi mandi questo breve senza piú dilazione, e che communichi questo col reverendissimo commissario del Sant’Officio, accorto e zelante per la fede. Il principe di Etiopia sta qua al solito: nec proficit nec deficit. Resto al commando di Vostra Signoria illustrissima ed aspetto la sua grazia.

Parigi, 6 d’ottobre 1637.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore divotissimo ed umilissimo
T. Campanella


All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli, secretario della santa congregazione de propaganda fide, padrone osservandissimo,

Roma, alla Cancelleria.