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lettere 367

chiesa e Roma come fecero in Alemagna, ché sol per questo dogma gratissimo a loro fu lasciato predicar Lutero. E quel che fo in Francia ed in Anglia contra eretici, Vostra Beatitudine può saperlo d’altri, bench’il Ridolfi scriva contra me a tutti, e fa che questi riformati siano spioni suoi di me per riferir a chi egli adora, e fa ruinar la gente mia in Napoli.

Di piú la prego che mi faccia dar le Censure ch’egli fe’ fare in Roma contra quel libro che solo e con le parole di san Tomaso chiare, e fin ora contrafatte, può risolvere gli argomenti di nemici, a’ quali in cento anni non s’è con veritá e sicurtá sodisfatto. Onde i sommi pontefici fȗro astretti far decreti che non si ne disputi in publico. Signale che non era in bocca loro ancor chiarita quella dottrina che Cristo ordinò sia predicata nei tempi, nelle piazze e nei tetti, come si può far ogge con questo libro a fronte scoverta con edificazione e senza scandalo. Padre Santissimo, non mi lasci opprimere, ché di ciò succederia l’estremo danno della chiesa.

Perché se Lutero ha vinto in dire che Dio con invincibile decreto ante praevisionem meritorum et demeritorum a capriccio altri predestinò al paradiso, altri reprobò, onde nulla opera serve a mutar sorte né grado di sorte, sendo l’opere anche predestinate e fatte da Dio per arrivar al graduato fine della predestinazione e reprobazione immutabile; e li nostri tutto questo concedono con dir solo, per rimedio, che avemo la libertá di far bene e male, ma pur con tutta questa necessariamente andremo al fin della predestinazione e reprobazione senza rimedio, ma in sensu diviso, come dicon, potria esser che no; ma però mai non potrá esser altamente, perché non si può l’uomo dividere da questo decreto, né alcun mai si trovò né troverá diviso: onde séguita in ogni modo quel che Lutero affirma.

E giá tutto il mondo questo conosce: certo subito séguita che Lutero dice veritá, che la chiesa non deve aver beni temporali e che questi toccano a principi; e che li papisti gabbano il mondo con predicar queste opere pie verso la chiesa, poiché non pònno in veritá farci mutar sorte sendo