Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/370

364 t. campanella


CVIII

Al cardinale nipote Francesco Barberini

Ripete quanto il 26 ottobre ha scritto ad Urbano VIII, ed aggiunge che il padre generale lo fa spiare e ne riferisce al viceré di Napoli che ha cosí il modo di perseguitare i parenti ed i compaesani di lui.

Eminentissimo e reverendissimo signore
e padrone colendissimo,

Vostra Eminenza non si scordi di farmi dar la solita pensione, perché forsi la merito piú di molti i quali Vostra Eminenza alimenta intra e fuor d’Italia; e crepo di fame, perché qui non si paga; e fatico contra eretici di Francia e di Anglia continuamente disputando, oltre l’amplificazion ed estension perpetua degli onori di Sua Beatitudine e di casa Barberina. Di piú, la prego che mi mandi le censure ch’ha fatto far il padre generale contra quel libro che solo dopo cento anni può rispondere a’ nemici della fede con dottrina che si può predicare in tectis, come Gesú Cristo ordinò: il che dell’altra non s’è potuto fare. Anzi li santi pontefici ordinâro che non si predicasse né disputasse. Segnale che non si potean confidare che sia quella etc. (?); ed or si può disputare con sommo gusto d’ascoltanti senza scandalo, mercé a san Tomaso ond’esce questa luce che m’è invidiata da coloro che fan la coscienza grossa, perché credeno che a noi fu predestinato il fine e l’opere ab aeterno con decreto invincibile etiam da Dio, onde il far bene o male non può mutar la sorte né il grado della sorte, come predicò Lutero.

E tutto questo è concesso dall’Alvarez, mastro del padre generale e del padre Mostro; e le risposte son piú confirmazion dell’opinion di nemici, perché il senso diviso in cui ci potrebbemo salvare non è mai non composto fra noi e ’l decreto predestinante o reprobante. Né si trovò, né si troverá