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lettere 31

principi alla santa chiesa; e son dieci mesi e non posso aver audienza.

Ed ora io seppi il negozio di Venezia, e mandai queste scritture. Per tanto supplico Vostra Signoria illustrissima che per beneficio della cristianitá m’aiuti con Sua Beatitudine, mi faccia venir a Roma: ché non solo farò li libri e l’imprese che prometto in questa lista a loro data, ma li miracoli e profezie, non per prova dell’innocenza mia, ché fui scelerato, ma per confirma del Vangelio e spavento delli rebelli della chiesa. E se non è cosí in tutto quanto scrivo, m’obligo ad esser subito brugiato; e con questa condizione mi pònno dimandar dal viceré, ché forsi mi dará: che se mento, il Santo Officio mi rimandará a Napoli. Veda per amor di Dio di farla da vero apostolo ed aiutar che ’l viceré non mi faccia morire senza veder prova di tante cose mirabili; ch’al re non giova uccider un fraticello che può esser tanto utile. Io ho fatto il mio officio di pregare Vostra Signoria illustrissima: faccia il suo di favorire la ragione, che però sta in questo grado eminente e non per bellezza e mostra. Non ho nova di monsignore di Civitaducale. Però direttamente indrizzai a Vostra Signoria illustrissima nata a ben di buoni. Amen.

 [Napoli,] 30 d’agosto 1606.

Fra Tomaso Campanella
spia delle opere di Dio.