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questo concedeno, e sfuggo» solo dicendo che noi avemo la libertá di far bene e male, ma con tutta quella pure andremo infallibilmente al fin della predestinazione e reprobazione, benché in sensu, dicunt, diviso potrebbe esser che no; ma però mai non potrá succeder altrimente, perché non si può mai l’uomo trovarsi in sensu diviso da questo decreto, né Dio può dividerlo, né si trovò né troverá alcun diviso; onde séguita a ogni modo quel che Lutero affirma, e di piú che l’opere pie verso la chiesa predicate da papisti son pie fraudi per arricchirsi, mentre queste opere non pònno farci mutar sorte.
Dunque per levar questa fraude predicata da loro si deven ritôrre a forza li beni temporali dal papato. O Padre Santo, non si può comandar al zoppo che camini bene se non se li concian le gambe. Né Vostra Beatitudine averá mai l’obedienza dai cristiani teologi e potentati se le gambe delle scienze non si risanano. «Nunquid resina non est in Galaad? etc.». Vostra Beatitudine mi faccia mandar le Censure e vincerò, perché sostento la causa di Dio che non è tiranno che ci condanni a capriccio, e di santa Chiesa che non s’inganna; e si ricordi che nell’ode del penitente ciò scrissi, e Vostra Beatitudine mi consolò, e con il conte di Brassach che di ciò e d’altro assai loda Vostra Beatitudine. Ed io prego Dio la conservi ad dies Petri, come ho visto qua in una profezia: se mi dá licenza la manderò, e l’avviserò cose del mondo.
Aspetto la lemosina e la Censura.
Parigi, 28 ottobre 1636.
Di V. B. |